FIA Drifting Cup – Quattro cose che ho imparato

Sono passati alcuni giorni dallo svolgimento della prima FIA Drifting Cup ecco le mie riflessioni su come è andata.

Size does matter – Ovvero i cavalli possono fare la differenza.

Manuel Vacca impegnato nel confronto con Yokoi

Col giusto tracciato anche il Drifting può essere una categoria di motorsport in cui le performance del mezzo diventano predominanti. In questo caso il lancio previsto sul tracciato era cortissimo per cui le auto più potenti sono effettivamente imprendibili. Bastava controllare i pochi dati di telemetria per rendersene conto, i nostri Manuel Vacca e Riccardo Guidetti prendevano dai 15 ai 20 km/h al rilevamento del primo attacco. Per le velocità in gioco significa un abisso del 15 / 20 %.  Quante volte avete visto piloti al volante di auto meno potenti riuscire a giocarsela contro mostri molto più potenti? Io tante. Era naturale aspettarsi un innalzamento delle prestazioni con l’avvento dell’ufficialità FIA.

Perché solo i russi si sono avvicinati così tanto ai giapponesi?

Questa è una domanda per me aperta. Visto il campo di gara scelta era naturale aspettarsi che campioni con Kawabata, Saito e Yokoi sarebbero stati tra i finalisti, ma mai che i due piloti russi presenti sono andati vicinissimi alla vittoria. Nei pronostici avrei immaginato un confronto più ravvicinato con i piloti americani, Matt Field, Micheal Essa e anche Odi Bakchis. Un po’ per la loro disponibilità economica, un po’ per il loro allenamento a correre con potenze tra gli 800 ed 1000 cv.  Difficile escludere dall’equazione la frequentazioni russe di un certo Federico Sceriffo e sicuramente è anche stato ingenuo da parte mia sottovalutare le disponibilità finanziare dei russi.

Gli spettatori amano capire cosa accade in pista

Chi ha guardato le dirette delle gare avrà sicuramente notato l’incredibile numero di faccine arrabbiate che a tratti invadevano lo schermo. Non posso avere una spiegazione certa per questo fenomeno, ma posso fare alcune supposizione. La prima e, secondo me, ovvia considerazione è il confronto nazionalistico tra i concorrenti, per cui è in qualche modo naturale aspettarsi che uno spettatore italiano facesse il tifo per i nostri Manuel e Riccardo, o che un russo parteggiasse per Gocha. Un altro aspetto importante che gran parte del pubblico non è abituato all’uso del DOSS, il sistema di telemetria del D1GP. Lo stesso Delle Carbonare di Speedhunters che segue da tempo il campionato nipponico ammette che restituisce dati di difficile lettura e le cose forse si sono complicate per via della mancanza dei clipping points. Chi seguiva la gara come spettatore non aveva un riferimento visivo importantissimo per valutare le run dei piloti.

La FIA deve imparare a sorridere

Tradizioanale sessione per la firma degli autografi.

Il numero di spettatori della diretta è rimasto sempre abbastanza basso attorno ai 600 spettatori contemporanei almeno far affidamento al contatore di Facebook. Le tribune dell’arena di Odaiba non mi sono parse piene come accade con le gare del campionato giapponese. Al momento di scrivere la pagina legata all’evento ha un numero di seguaci che è paragonabile a quello della Gazzetta del Traverso che è una “testata” nazionale e con mezzi nemmeno paragonabili. La conclusione che si può trarre da questi dati è che anche a Parigi devono imparare a conoscere il pubblico del Drift che è molto diverso da quello delle altre categorie automobilistiche. E’ anche vero che il successo mondiale della Formula è dovuto al genio, ed agli investimenti, di Bernie Ecclestone e della FOCA più che della FIA. Per fare esplodere il fenomeno drifting sulla scena mondiale servirà un altra categoria di competenze ed un organizzatore che si faccia carico degli aspetti promozionali per la serie.